ll bluff

“Sfumi nella memoria, non ti penso mai
E ogni mentire, ogni fare soffrire
Ci insegna la storia
Pagherai
E so che a ogni risveglio
Non ci sarai
E so che tanto di meglio
Non troverai
Mai, ho due parole e una bombola spray
Fuck you
Per quando tornerai”
A. Aleotti, P. Turci

Le storie finiscono.

È un elemento chiave di tutti i rapporti con cui è difficile fare i conti. È difficile farci da conto quando, tra i due, le cose vanno bene e pensare alla rottura della storia stessa è quasi un tabù; ma è difficile, e anche molto doloroso, quando questa fine va vissuta, fino in fondo.

Mi è capitato varie volte in passato di dovermi separare. Ed è stato sempre un gran mal di pancia, anche quando ero stato io, ad un certo punto, a scegliere di cambiare strada, di fare un nuovo tragitto questa volta da solo o con un'altra compagnia. Quello che però mi è sempre stato difficile reggere nei rapporti, sia quando le cose vanno bene, sia quando vanno male o stanno addirittura finendo è l’ipocrisia, il falso, i bluff. Non li sopporto.

Sono una persona diretta nel bene e nel male, e anche quando c’erano rospi da ingoiare nella vita, ho voluto saperlo, per filo e per segno.

Non ho mai chiesto che qualcuno mi indorasse la pillola, nemmeno quando avrei dovuto prepararmi ad eventi traumatici.

Accade che

Poi però accade che, ad un certo punto, la vita devia completamente i binari della tua esistenza, e ti porta su un sentiero che mai avresti pensato di esplorare, e lo fa con la più subdola delle illusioni, l’innamoramento.
Saranno stati gli ormoni, sarà stata l’attrazione, le affinità elettive, non lo so; fatto sta che ad un certo punto ho sentito di vivere quasi un sogno. Sentivo di aver trovato l’altra metà della mia mela, quella che secondo Platone vaga per il mondo e che quasi nessuno davvero incontra nella vita.
Ecco io pensavo di averla trovata. Ed a questa convinzione, come detto, mi ci avevano portato l’intimità, la complicità, l’affinità e tante, tantissime parole. Mi sentivo fortunato.

Mi sentivo rinato, come se la vita mi stesse regalando una seconda giovinezza, una seconda chance di vivere certi sentimenti con quella profondità con cui li vivi quando hai vent’anni.
A me che i vent’anni li avevo superati da un pezzo.
Ero felice.

Poi però sono arrivate le nuvole. I normali litigi che tutte le coppie affrontano, ad un certo punto hanno iniziato ad assumere un sapore diverso, sospetto. Non si litigava più per gelosia, per uno sguardo di troppo verso sconosciuti per strada o per un messaggio su Instagram, da evitare. No, ad un certo punto ad essere messe in discussione sono state le stesse basi della relazione.
L’argomento principale era quello della differenza di età. E come controbatti ad una persona che ti dice, “ho 30 anni di meno”? È vero. Certo, sin lì quei trent’anni non sembravano aver posto alcun limite alla nostra capacità di stare insieme, di divertirci, di vivere una intesa, mentale e fisica, irripetibile.

Ma “con quelle nuvole” quei trent’anni sembravano davvero un motivo valido per cominciare a nutrire dubbi sulla “futuribilità” di quella storia.

Nuvole

E da lì la situazione non ha fatto altro che precipitare. Ai suoi dubbi si sono sommati i suoi problemi di salute, la sua instabilità.

E così lei, la fuggitiva, da carnefice sembrava essere diventata addirittura vittima. Lei scappava, lei fuggiva dalla relazione, ma lei e solo lei rimaneva comunque quella da comprendere, anche alla luce del suo vissuto e dei suoi problemi del momento.

Le sue fughe, i suoi tradimenti non erano giudicati da me per quello che erano, ma erano sempre e solo le manifestazioni di un suo malessere psicologico, e venivano quindi assecondati, giustificati.

E man mano che questo disfacimento andava avanti, man mano che queste fughe si alternavano ad altrettanti ritorni, io mi distruggevo dentro. La mia proverbiale calma che tutti i miei amici mi invidiano da una vita era andata a farsi fottere, insieme al mio buon sonno.

Mi stavo ammalando io e, nonostante questo, lei rimaneva la mia priorità perché lei era quella che stava messa peggio, lei era quella da accudire, lei era quella che, nonostante i mille dubbi, andava costantemente rassicurata.

Non me ne ero accorto ed invece ero passato col tempo con l’essere da suo “complice” ad un comodo bancomat, materiale ed emotivo, da cui prendere e prelevare all’occorrenza. Amici e professionisti intorno a me mi avevano avvisato che stavo andando incontro ad una grande craniata contro il muro. Ma nulla, il grande bluff ormai mi aveva preso cuore e cervello fino in fondo. Mi ero convinto che con il mio amore, con la mia stabilità, avrei potuto rassicurarla… addirittura cambiarla. Quasi guarirla. E invece…

E invece...

Spariva e non speravo altro che lei tornasse. Tornava ed ero a persona più felice del mondo. Poi rispariva di nuovo dicendomi però che lei, lei era innamorata, che io ero la sua metà… Stronzate di questo tipo. Come a dire, io vado via ma tu non te ne andare, tu aspettami qua. Ed io ci rimanevo.

Poi, un giorno, senza un apparente motivo, c’è stato quello che io chiamo lo “switch”; volendo usare una metafora, potete immaginare il famoso punto più profondo del pozzo, quello dal quale puoi solo risalire. È un momento di illuminazione ed anche un inizio di “guarigione”, se così lo vogliamo chiamare: ma è anche un momento fortemente doloroso. È lì che inizi a vedere le cose per quelle che sono davvero. Quelle che ieri ti sembravano (sue) giuste motivazioni, diventano ad un tratto scuse. Quella che ieri ti sembrava sofferenza (sua), dopo la vedi solo come un alibi. Tante frasi dette, quelle che fino a ieri le avevi sentite come carezze da parte sua, si svelano per quello che sono per davvero, un fiume di cazzate. Un fiume da cui, per troppo tempo, mi sono lasciato trasportare, facendo decidere a lui direzione, salti e imprevisti delle mie giornate.

Ma ora basta. Ora tutto si è chiarito. Ora, finalmente, riesco a vedere le cose per quello che sono. C’è rabbia, tanta: per il tempo perso, le cose “rubate” (non solo metaforicamente), per le illusioni, per il guinzaglio emotivo a cui sono stato legato per troppo tempo, quando lei giocava al “né con te né senza di te”.

Ora so che questa rabbia passerà, devo solo trovare il modo da lasciarla uscire il più velocemente possibile ma senza permettere che sia tale rabbia a dettare il calendario della mia vita. Ora so che c’è da faticare, per un po’, pancia a terra, superare il momento, i suoi ostacoli. Ma mi servirà anche questo.

Ora so cosa davvero è stato e, soprattutto, so cosa non potrà mai diventare. È un pezzo di vita vissuta e benché mi dimeni parecchio in tal senso so che non potrò portare indietro certe lancette.

Tutto sommato sono anche contento di aver vissuto certi momenti insieme a lei, ma almeno, adesso, riesco a vedere per quello è tutto il resto, tutto il suo recitare. Il suo e quello dei suoi sodali complici, famigliari inclusi.

Non saranno migliori le loro vite dopo tutto questo. La mia da adesso può solo migliorare.

Il bluff è stato svelato.