Destino e Libertà

“Era destino che andasse così”. Quante volte abbiamo sentito questa frase, che di certo, sta di diritto nella top ten delle frasi fatte più ripetute. Succede una disgrazia e si risponde così. Le cose vanno male o almeno, non come avremmo sperato, e diamo la colpa al destino. Ebbene sapete qual è la mia risposta di fronte ad affermazioni del genere? “Cazzate!”. Già, perdonate il francesismo ma, se tra i tanti NO-X (no vax, no tav, no tap, no gas etc etc) del momento ci fosse anche un movimento chiamato NO-Destino, che per statuto combatta frasi fatte come “Era scritto che finisse così”, ebbene io ne sarei il presidente nazionale, europeo, mondiale. Non c’è nulla che odi di più che chiudere una esperienza negativa (ma anche positiva se vogliamo) con una frase del genere; che poi, se ci fate caso, si è sempre molto propensi a dare al destino la colpa delle cose che vanno male, e invece lo citiamo molto poco quando vanno bene. Chissà perché! O meglio, il perché lo sappiamo benissimo: il destino è il più grande capro espiatorio dai tempi di Neanderthal, una sorta di grande “bad company” della storia dell’uomo a cui appioppare tutti i nostri fallimenti, quelli grandi come società e quelli personali.


Ma...

Ma non è così: come non è stato il destino a far scoppiare la Seconda Guerra Mondiale, allo stesso modo non è il destino che fa fallire i nostri piccoli progetti personali, dal lavoro alle relazioni. Il destino al massimo è uno sfondo silenzioso ad una scena in cui solo noi, uomini e donne, siamo attori, sceneggiatori e registi. In religione si parla di libero arbitrio. Ecco io di questo arbitrio, il più possibile libero, ne ho fatto la “mia” religione. Attenzione però a non cadere nella semplificazione di chi crede che ciò che è libero è anche semplice. È un concetto di libertà assolutamente superficiale. La libertà è qualcosa di pesante, pesantissimo direi. È infatti un concetto che viene “controbilanciato” dalla responsabilità; più libertà chiediamo alla nostra vita più essa viene livellata, sul piatto opposto della bilancia, dalla responsabilità che bisogna proferire con le nostre azioni. Sono libero, sono sempre stato libero, perché nello stesso tempo, sono anche stato poi responsabile nell’assumermi fino in fondo la responsabilità delle mie azioni, laddove la mia scelta di libertà avesse portato ad un danno, una perdita, un qualcosa di negativo. E qui si lega il terzo concetto che è quello della paura, di cui vi avevo già parlato in questo post; la libertà, come detto si bilancia con la responsabilità, ma c’è un terzo incomodo, per l’appunto la paura, che può mandare all’aria questo equilibrio precario, sterilizzando il nostro libero arbitrio. Posso essere libero quanto mi pare ma se ho paura non mi muovo, non agisco, limito la mia libertà perché ho paura delle conseguenze della stessa. E rinuncio così a quel libero arbitrio cuore nevralgico della mia religione personale.

L'ideale

L’ideale sarebbe quello di saper miscelare nelle giuste dosi la libertà, la responsabilità e la paura, senza far prevalere nessuna delle tre, come in una ricetta in cui, quando gli ingredienti sono misurati al grammo, e solo in quel caso, il piatto finale che ne viene fuori è una bontà assoluta. Ecco, sono fermamente convinto che una vita incredibile non sia altro che il frutto dell’esatta livellazione di libertà, responsabilità e paura. Il problema è che le quantità non sono uguali per tutti. Ma, buona notizia, grazie al cielo nella vita si può sbagliare senza per forza finire al gabbio per il resto dei nostri giorni e quindi, ognuno di noi, ha tempo e possibilità per capire qual è il livello giusto di libertà, responsabilità e paura che può aiutarlo a vivere al meglio . Deve sperimentare, senza, come detto, affidare al destino il senso dei suoi giorni. Ma, sì c’è un “ma” molto importante in questo discorso, non sarei del tutto sincero se non vi rivelassi una sfaccettatura importante di questa questione, ovvero che tanto sono avverso al concetto di “destino”, quanto invece sono legato ad un concetto, simile e diverso al tempo stesso, che è quello della “pre-destinazione”. Provo a spiegarmi. Non è destino che domani io cada dalle scale uscendo di casa, posso farci maggiore attenzione ed evitare l’infortunio. Mentre era predestinato che, per fare alcuni esempi popolari, Roberto Baggio diventasse il campione che è stato, che Van Gogh diventasse l’artista conosciuto in tutto il mondo che è oggi, che una testa come Einstein arrivasse a rivelarci l’intero universo. Anche nel piccolo, ovvero nelle vite di noi gente comune, esistono tante forme di predestinazione, nella realizzazione personale e lavorativa, come ad esempio, nella nascita di alcune relazioni: si dice alle volte, “quei due sembrano fatti l’uno per l’altra”! Ecco in questi casi io riesco rilevare una sorta di predestinazione, intesa come talento innato che ognuno di noi si porta dalla nascita, e che ognuno di noi deve riconoscere (la parte più difficile) e coltivare.

Talento

Tale talento ci porterà inevitabilmente, prima o poi, a vivere delle esperienze perché siamo pre-destinati, e non c’è forza cosmica che ne possa contrastare l’accadere. E chi nasce sprovvisto di questi talenti? Nessuna paura, sono arrivato ad una età in cui sento di poter dire che si può vivere una bella vita anche quando si è privi di qualsiasi forma di predestinazione. In questi casi dovremo solo impegnarci noi, un po’ di più, a fare in modo che le cose accadano, non affidandoci al caso, al cielo, al destino. Assumendoci rischi e onori delle nostre scelte. Una scelta coraggiosa che però, ve l’assicuro, da maggior profondità ai nostri giorni. Una profondità che può essere assaporata, anche quando si sbaglia, anche quando si fallisce; avendo il coraggio di lasciare i posti da spettatore e salendo sul palco scenico della nostra vita. Recitando a braccio perché nessuno ne ha il copione, ma che spettacolo ragazzi!