Perdona e dimenticherai
“Trattenere la rabbia è come trattenere un carbone ardente con l'intento di gettarlo a qualcun altro; sei tu quello che si scotta.” Buddha
C’è un’antica leggenda giapponese che racconta di un vecchio samurai, dalla fama di essere imbattibile, anche quando veniva sfidato da altri prestanti samurai ben più giovani di lui. La sua tecnica di difesa era una sola: l’impassibilità. In pratica, di fronte alle provocazioni più violente lui rimaneva impassibile, scatenando così negli avversari una rabbia in grado di accecare la loro azione e renderla meno efficace. Il tanto che bastava per poterli battere. Si narra che un giorno il saggio samurai fu sfidato da un guerriero spavaldo che aveva seminato terrore nella zona. Ma anch’egli non poté nulla di fronte all’impassibilità del vecchio samurai tanto che, umiliato abbandonò il campo di battaglia senza nemmeno iniziare la lotta. Tuttavia l’atteggiamento apparentemente arrendevole del vecchio samurai lasciò perplessi i suoi giovani allievi, che si sarebbero aspettati dal loro maestro tutt’altra reazione. Ma quest’ultimo spiegò loro quello che, secondo me è il passaggio clou di questa storia, ovvero che “se qualcuno ti ‘porta in dono’ regali non richiesti come la rabbia e tu sei furbo abbastanza da non prendertela, questa rabbia continua ad appartenere solo a lui e non a te”. Potreste sostituire la parola rabbia con altri termini come invidia, rancore, ansia, e tante altre ancora, ma il risultato non cambierebbe. La storia del samurai rimane secondo me emblematica di un principio fondamentale, ovvero che non è vero che è inevitabile sporcarsi quando si ha a che fare con rapporti tossici. Per carità sono rapporti complicati da gestire, spesso impossibili da evitare; ma il punto focale, come ci insegna il samurai di cui sopra, sta nel modo in cui “rispondiamo” e non nel modo in cui “reagiamo”. Attenzione perché all’apparenza i due termini possono apparire pressoché equivalenti, ma è proprio nella minima differenza che si annidano i dettagli, perché la reazione comporta un coinvolgimento maggiore di una risposta. Se una persona per strada ci insulta possiamo reagire (e ciò comporta un mix di parole e azioni) o solo “rispondere”, utilizzando solo le nostre parole, o addirittura il silenzio.
Rapporti tossici
Quando di fronte a ciò che tossico, di fronte a chi ci provoca, di fronte anche ai brutti ricordi e aifantasmi del passato riusciamo solo a dare una risposta, senza per forza reagire, allora, automaticamente, togliamo tutto il potere a questi mostri. Dobbiamo solo mollare la presa su di loro, al di là che tale presa sia nutrita da rabbia, risentimento o, al contrario da qualche tipo di legame che ancora ci lega ad essi. Molliamoli, ignorandoli, e cesseranno di esistere, anche nei nostri ricordi. Essendo io meno saggio del samurai giapponese mi viene spesso in mente un altro paragone, ovvero quello con la puntura di zanzara. Fateci caso: se, una volta punti, state li a sfregare sulla bolla, sarete attraversati solo da una momentanea sensazione di benessere, ma poi la bolla diventerà ancora più infiammata, ed aumenterà anche il suo prurito. Se invece riuscite a resistere quei 10 minuti iniziali dal momento della puntura, senza grattarvi, la puntura stessa sbollirà, si sgonfierà, e sparirà il prurito. Sarà forse un paragone meno epico del samurai ma credo che renda bene l’idea.
Facile?
Ovviamente vi starete chiedendo: “facile a dirsi, ma come si arriva alla saggezza e l’impassibilità del samurai giapponese?”. Il trucco sta nell’imparare a rispondere in maniera “cosciente” alle provocazioni che ci arrivano. Cosa significa? Iniziamo col dire che è un cambiamento non facile ma possibile, anche per i più istintivi. Il primo passo è quello di comprendere con “estrema esattezza” (ripeto, estrema esattezza) quali sono le cause che ci fanno perdere il controllo di fronte ad alcune provocazioni. Ed attenzione che parlo solo di un lavoro di disamina, ovvero di analisi, in cui, carta e penna, se volete, vi segnate tutti quelli che secondo voi sono i motivi della vostra perdita di controllo di fronte alle provocazioni. Orgoglio? Voglia di sgusciare via dal raggio di azione della persona provocante? Un tentativo di sembrare più rabbioso di lui/lei in una sorta di gara a chi sembra più cattivo? Ognuno di voi troverà i suoi motivi: segnateli, senza giudicarvi. Ora che avrete messo nero su bianco quali sono i fattori di rischio, quelli, per intenderci, che vi fanno perdere le staffe di fronte alle provocazioni, il secondo ed ultimo passo da compiere è quello di lavorare sul vostro passato attraverso un’unica ma complessa azione, ovvero lasciandovelo alle vostre spalle. Non dico dimenticate perché non si dimentica mai, ma almeno accettate, abbracciate quello che è stato, senza paura, senza vergogna. Perché importante questo passaggio? Perché è nel passato che si nascondono le cause di certe perdite di controllo. Accettiamolo, anche quando questo dovesse apparirci pieno di errori. È andata così, non possiamo cambiarlo ma possiamo scegliere se non accettarlo, facendoci consumare dentro dalla rabbia, o abbracciarlo, dicendo “giusto o sbagliato che sia è mio”, come un genitore che impara ad amare il proprio figlio anche quando bello e bravo non è. Abbracciamolo! Nel momento in cui ci riuscite, e badate che non è per niente facile, vivrete una sorta di catarsi. Questo lavoro sulla consapevolezza, sull’accettazione del passato e quindi di se, questo lavoro sul depotenziamento dei pensieri negativi ci renderà più forti. Non dico che diventerete impassibili come il samurai di cui vi ho parlato all’inizio del post ma, pian piano, col tempo, vedrete come certi fattori scatenanti avranno sempre meno influenza su di voi. Quei ricordi/rapporti tossici, quelle persone che su di voi hanno sempre avuto un effetto tossico, tenderanno ad evaporare, giorno dopo giorno, fino a che, ad un certo punto, senza apparente motivo, vi sentirete del tutto indifferenti rispetto a quello che sono o fanno. Loro ci proveranno sempre a provocarvi, è la loro indole. Ma voi, accettando voi stessi, e se vogliamo anche accettando loro, per quello che si è, gli toglierete ogni potere di influenzarvi. Diventeranno come rumori di fondo della vostra vita, di quelli che si sentono, ma a cui, per qualche motivo a cui non fate più nemmeno caso, non si da più importanza.