Prima di parlare di treni

C’è una frase molto bella di George Bernard Show che dice: “Il solo uomo davvero dotato di sensibilità che ho incontrato in vita mia era il mio sarto: mi prendeva le misure tutte le volte che mi vedeva, mentre tutti gli altri mantenevano le vecchie misure e si aspettavano che io mi ci adattassi.”

Meravigliosa, perché esprime, secondo me in maniera perfetta, l’assoluto disallineamento tra quello che siamo e quello che gli altri vedono in noi (o che vogliono da noi). Attenzione! L’obiettivo di questo post non è quello di criticare chi giudica. Ognuno sceglie come vivere questo tempo stretto che abbiamo sulla Terra, e se a qualcuno piace viverlo da miserabile, passandolo a giudicare gli altri, che lo faccia pure… Chi sono io per giudicarlo (gioco di parole fortemente voluto)? Quello che più mi fa rabbia in realtà non è il giudizio che gli altri possono avere su di me o su una persona a me cara. Verso questa schiera di individui, infatti, la mia romanità mi ha vaccinato sin da bambino, sin da quando sono riuscito a far davvero mia la politica (tutta romana) dello “sti cazzi”, ovvero per dirla in maniera tale da essere compresa anche fuori dal Grande Raccordo Anulare, “e chi se ne frega”.

Io odio...

No. Quello che più mi fa rabbia, ma intesa come dispiacere e non come disprezzo, è quello che accade in chi si sente giudicato. Quando inventeranno un benedetto vaccino anche per questa “patologia”? Pensate quanti danni ha fatto il sentirsi mal giudicati dagli altri nella storia dell’essere umano. Spannometricamente, ne sono convinto, ha fatto più vittime di tutte le guerre e le malattie messe insieme. Non dico quindi nulla di nuovo quando affermo che una frase, una parola, possono ferire più di un pugnale, di una pistola, e ciò accade perché non tutti abbiamo una corazza sufficientemente forte per sopportare l’opinione non benevola di chi ci giudica. Veniamo giudicati sempre. Veniamo giudicati nella nostra estetica, veniamo giudicati nel nostro rendimento scolastico e lavorativo, veniamo giudicati per quanto siamo o non siamo simpatici ed empatici con gli altri, e veniamo giudicati per i nostri affetti, per il modo in cui gli esprimiamo e per le persone con cui decidiamo di esprimerli.

Cosa succede se...

Ed invece di rispondere a questi giudizi con un sonoro “chi se ne fotte” curviamo le nostre esistenze proprio per assecondare questo giudizio. Ci vogliono tutti belli e splendenti? Ed allora ci ammazziamo di diete, soffriamo la fame per togliere i chili di troppo. Ci vogliono tutti ricchi? Ed eccoci li a far duemila lavori, a svenderci con capi imbecilli in lavori che odiamo. Ci giudicano per come amiamo? Ed anche lì parte la danza delle bugie. Ci infiliamo in relazioni socialmente accettate che non vanno da nessuna parte. E poi? Bella domanda! La risposta è questa: ciò che accade ogni volta che scegliamo di seguire il giudizio degli altri è che andiamo inevitabilmente incontro al fallimento. 100%, affermazione assoluta, non si accettano smentite.

Ve lo dimostrerò.

Cosa accade a chi fa di tutto per modificare il suo aspetto perché si sente giudicato esteticamente in negativo dagli altri? Si farà un mazzo quanto una casa per cambiarsi ma non sarà mai, mai e poi mai contento di se stesso. Guardandosi allo specchio vedrà solo i suoi difetti. Cosa accade a chi non accetta il suo stato economico e fa di tutto per cambiarlo solo per avere un buon giudizio da parte di chi lo circonda? Diventerà semplicemente schiavo del suo portafogli e non lo vedrete mai minimamente in grado di godersi quello che ha, proprio perché quello che ha, non l’ha ottenuto in quanto è un suo desiderio, ma nel timore del giudizio altrui. Cosa succede a chi modella la propria sfera affettiva nella paura del giudizio degli altri? Succede che si infila in relazioni sterili, di facciata, finte. Vuoti a perdere con cui bruciare vita senza dar valore al tempo.

Come vedete non esiste alcuna compatibilità tra l’essere felici in questa vita (o almeno provarci) e l’assecondare il giudizio degli altri. Nessuna possibilità.

Prendi il tuo treno

E allora? Come se ne esce. Lungi da me il poter fornire linee guida generali per le quali vi rimando al vostro psicoterapeuta, quello che posso e voglio fare è semplicemente condividere la mia esperienza di vita, l’unico “benchmark” sui cui mi posso basare. C’è stato un tempo in cui anche io ho cercato di seguire il giudizio degli altri. Ho organizzato la mia vita, il mio lavoro, i miei affetti, i miei tempi sulla base di quello che ritenevo essere “il socialmente accettato”. Il risultato è stato uno solo: ho collezionato pacche sulle spalle associate però ad un incredibile senso di vuoto cosmico dentro di me, un vuoto che, ad esempio, ad un certo punto, non mi faceva sentir felice nemmeno dei grandi risultati che, ad esempio, mi capitava di raggiungere nel mio lavoro. Anche le cose belle mi scivolavano addosso come se non mi riguardassero, non mi appartenessero. Ero socialmente accettato ma vuoto dentro.

La vita mi passava davanti come un treno che scorre innanzi a noi, fermi davanti ad un passaggio a livello. Diavolo! Io sul quel treno avrei voluto salirci! Ma cavolo, è da incoscienti provare a salire su un treno in corsa. Ed invece è proprio quello che ho fatto. Ho deciso che quel treno (che poi era la mia vita) avrei voluto prenderlo, e con tutti i rischi del caso l’ho preso. Ho rischiato, in alcuni frangenti mi sono anche fatto male ma alla fine l’ho preso, ci sono salito sopra, e non immaginate quanto è più bella la vita quando ci salite sopra, invece di vederla scorrere a bordo strada. Ho rischiato ma, vi assicuro, ho fatto la miglior scelta che potessi mai fare, votandomi ad una religione nuova, tutta particolare, che si racchiude in un’unica frase, “sforzati solo di mettere a fuoco i tuoi desideri più veri, e seguili, a qualunque costo”.

Da allora quel treno non si è mai fermato. Mi ha fatto viaggiare nello spazio (portandomi fisicamente un po’ in tutto il mondo) e nel tempo. Ho incontrato compagni di viaggio incredibili. Alcuni nel frattempo sono scesi e qualche lacrima ha accompagnato il loro addio. Altri sono rimasti e continuano il viaggio insieme a me. Il treno non si ferma. Ho ancora tanto da correre e tanto da vedere; e come me ognuno di voi. Non aspettate di vedere la coda del treno della vostra vita che si allontana per farvi mangiare dai rimpianti. Scavalcate quel fottuto passaggio al livello, saltateci sopra subito, prendetevene il rischio. Ci saranno, statene sicuri, automobilisti dietro di voi che vi suoneranno per intimarvi che non si fa, che i passaggi al livello non si scavalcano, tanto più quando sta passando il treno. Ma fottetevene!

Male che vada vi farete male, se non ci proverete nemmeno sarete semplicemente già morti, senza lividi per carità, ma morti.