“Nella vita bisogna prendersi tutto e subito. Aspettare è da perdenti. Chi ha tempo non aspetti tempo”… E potrei andare avanti ancora per un bel po’. Vi ho riportato solo alcune delle frasi che vanno tanto per la maggiore in questo momento giusto per chiedervi e chiederci, siamo tutti d’accordo che la “politica” di questo periodo storico ha completamente cancellato concetti come la pazienza, l’attesa, il saper aspettare? Credo proprio di sì. L’immediatezza è una delle cifre principali dei nostri giorni. Vogliamo immediatezza nei rapporti, nel lavoro, nel successo. Tutto e subito: e quando le cose arrivano le bruciamo tanto velocemente quanto sono arrivate, se non arrivano altrettanto velocemente lasciamo perdere o, peggio ancora, ci deprimiamo. Eppure non l’etica, non la religione, non il politicamente corretto, ma dei veri e propri studi scientifici tenuti da università americane, iniziano ad indicare un viatico completamente nuovo per il successo che nasce da presupposti completamente opposti rispetto all’immediatezza di cui sopra: gli americani parlano “conscientiousness” e potremmo tradurla in italiano come una sorta di mix tra due capacità principali che sono l’autocontrollo e la capacità di saper aspettare per ricevere le gratificazioni. Le persone che possiedono questa conscientiousness hanno delle caratteristiche marcate molto rilevanti:
- Conseguono titoli di studio più alti anche quando partono da situazioni socio-famigliari rispetto ad altri
- Conseguono risultati sul lavoro in termini di carriera
- Riescono a costruire relazioni famigliari durevoli nel tempo
Insomma, la conscientiousness sembrerebbe davvero essere la nuova ricetta per la felicità grazie alla sua capacità di nutrirci di successo ed affetti famigliari: cosa potremmo desiderare di più?
Eppure se ci pensante, al di là del brand, conscientiousness, noi sin da sempre sappiamo che il saper attendere è una delle grandi chiavi di riuscita nella vita nelle piccole come nelle grandi cose.
E di esempi ce ne sarebbero a centinaia, in ogni campo. Banalmente, potremmo ad esempio pensare all’attesa di ore per il sugo che la nonna ci preparava la domenica o alla pazienza del contadino che aspetta i ritmi della natura per raccogliere le sue verdure che hanno tutt’altro sapore rispetto a quelle veloci di serra. Ma, sapete, se ci limitassimo a questo, rischieremmo secondo me di banalizzare il discorso sulla conscientiousness. Ad esempio non riusciremmo a capire perché molte persone fanno fatica a sviluppare questa capacità.
Sono persone che da piccoli hanno visto tradire la loro fiducia negli adulti con promesse non mantenute. Bugie che gli hanno insegnato che il mondo è una giungla e che quindi non ci si può fidare di nessuno e bisogna sempre lottare anche solo per mantenere per quello che si ha. Traditi da piccoli da grandi diventeranno ansiosi, fobici, continuamente in preda a grandi sbalzi di umore, in preda all’insicurezza. Ma non sono, come si dice in gergo, cause perse. Anche da grandi si può imparare a sviluppare la propria conscientiousness; certo, servono degli esempi positivi di gente intorno che dimostri che bisogna avere fiducia negli altri e che il proprio impegno, alla lunga, da inevitabilmente i propri frutti, e sono i frutti migliori. Ma ahimè di persone che ti insegnino questo ce ne sono poche in giro. Anzi, la mia sensazione è che molte persone che prima avevano buoni livelli di conscientiousness pian piano la stiano perdendo prosciugati dalle delusioni della vita. E invece io credo non ci si debba arrendere a questa deriva. Ho visto, sulla mia pelle, come le soddisfazioni più grandi non sono quelle che mi sono arrivate nell’immediatezza, ma quelle che mi hanno richiesto del tempo, attesa, alle volte sudore. Saranno state faticose ma sono i trofei a cui sono più affezionato, quelli che mi porto dentro, quelli che mi fanno svegliare pieno di voglia di fare la mattina e quelle che, quando arrivano, mi mandano sereno a dormire la sera. Non si bruceranno nell’effimero del tutto odierno, saranno a lungo una parte di me.