Saggezza

Che cos’è la saggezza? Fateci caso. Forse un po’ tutti noi, sin qui, abbiamo ritenuto (sino al momento in cui state leggendo questo post) di avere già nella nostra mente una definizione precisa di cosa significhi eppure, sono pronto a scommettere, che almeno 9 su 10 non sarebbero poi in grado di enunciarne tale definizione se non dopo un lungo e accurato ragionamento. Citando Guzzanti si potrebbe dire che “la risposta è dentro di te ma è sbagliata”. E questo perché la definizione di cosa significa, cosa è, la saggezza, è un esercizio molto più complesso di quello che inizialmente possiamo immaginare. È un qualcosa che ho vissuto sulla mia pelle. Fino a poco tempo fa mi sentivo tranquillamente in grado di definire la parola “saggezza”, ed invece, proprio quando, per alcune prove della vita, mi sono trovato a dover coltivare in me, tale saggezza, ne ho percepito le incredibili difficoltà nella definizione. Ma facciamo un passo indietro.

Cosa non è la saggezza

Spesso immaginiamo il saggio come una persona anziana, o comunque di una certa età. Ma questa è una semplificazione con cui tentiamo di sovrapporre, sbagliando, la parola saggezza con la parola esperienza. Prova pratica che le due cose non coincidono: “se bastasse l’esperienza a renderci saggi lo sarebbero tutti gli anziani”. Ma l’esperienza è solo una parte della saggezza: l’esperienza ci aiuta a prevedere come andranno le cose, ma non è detto poi che la nostra risposta ad esse sarà saggia. Così come non dobbiamo confondere la saggezza con la sapienza. Non tutti i cervelloni di questo mondo sono saggi. Anzi spesso mi è capitato conoscere dei gran sapientoni, topi di biblioteca in grado di essere a loro agio con tutto lo scibile umano, ma che poi andavano aiutati anche ad attraversare la strada perché incapaci totalmente di stare al mondo. Sapiente “is not” Saggio. La sapienza, come l’esperienza, è anch’essa una parte della saggezza perché ci aiuta a conoscere le cose del mondo. So che il fuoco brucia e non mi avvicino… Eppure c’è sempre qualcuno che ancora lo fa. Ma allora cosa è la saggezza? Sapete, in questo momento della mia vita questo mio studio interiore riguardo alla definizione della parola “saggezza” non è affatto disinteressato. Sto cercando di trovare una definizione che mi convinca perché voglio appropriarmi di questa capacità, ma prima di poterlo fare devo capire cosa realmente è.

Cosa è la saggezza

E cosa ho capito sin qui della saggezza? Ho capito che non significa non fare mai errori. Anche il saggio sbaglia, anzi le occasioni di errore più grandi e dolorose sono quelle che lo hanno portato a questo suo stato sovrannaturale grazie al quale guarda al mondo con distacco e compassione. E quindi ho smesso di crocifiggermi quando sbaglio, anche di fronte agli errori più clamorosi, quelli che “era proprio evidente che sarebbe andata a finire così”. Nel tentativo di far mio un qualche senso di saggezza non mi flagello più di fronte a certe cadute. Ma non per questo mi autoassolvo. Semplicemente comprendo che fanno parte del percorso e cerco di farne tesoro per il resto del mio percorso, senza avere la presunzione, solo perché sono negli “anta” già da un po’ di pensare di aver già capito tutto del mondo.

Ho capito (e qui riprendo il concetto di sapienza) che nonostante tutti quelli che, lavorativamente parlando, posso definire dei grandi successi personali, ho ancora molto da imparare riguardo al mondo e, regalandomi così una nuova giovinezza (cognitiva), ho deciso di rimanere aperto rispetto a questo mondo e rispetto a quello che ha da offrirmi. Da qui la mia indole di indomito viaggiatore. Da qui il mio nuovo atteggiamento di apertura anche agli incontri, ai sentimenti, nel loro essere passione (quando va bene) e nel loro essere sbattimento (quando va male). Mi lascio attraversare da loro perché sento che comunque, a prescindere da dove mi porteranno, saranno per me un viaggio che non mi voglio perdere. Ed anche questo lo vedo come un qualche elemento di saggezza che sono riuscito ad aggiungere alla mia vita. Ho capito, a proposito di saggezza, che è saggio investire il mio tempo non solo nella realizzazione lavorativa ma anche nella coltivazione delle giuste persone di cui contornarmi. Come se fossi una pianta che può scegliere da sola su quale terreno crescere, così anche io provo ora, con saggezza, a capire chi è buono per me e chi invece è solo tossico. Ma anche qui, attenzione (e riprendo quanto espresso prima), questa saggezza che mi aiuta a fare una migliore cernita di chi mi circonda è figlia degli errori, è la conseguenza di tutte le volte che ho sbagliato nello scegliermi i compagni di viaggio. Insomma lo sbagliare ha un fascino sottovalutato. In sintesi ho capito che la saggezza non è qualcosa con cui si nasce. Non è una caratteristica dunque, ma una competenza, che a sua volta arriva a noi attraverso diversi canali della vita: le esperienze, gli errori, i successi, gli incontri, i sentimenti, i traguardi… le tranvate. La immagino come un fiume che però è quello che è perché, a monte, ci sono stati tanti piccoli corsi d’acqua che presi singolarmente erano solo ruscelli ma poi unendosi hanno dato vita, per l’appunto, a un grande fiume.

Come un fiume

Serve dunque tanta “acqua” per diventare saggi nella vita. Non lo si fa in fretta. Non lo si fa tutti. È un lavoro lungo, a volte doloroso, ma fruttuoso. Ma attenzione perché anche se non si dovesse mai arrivare a possedere uno stato di saggezza totale e duraturo, stile monaco tibetano, (e ciò riguarda penso il grosso della popolazione mondiale) non è comunque un problema: accettando di essere esseri “sbaglianti” oggi ci garantiamo, per domani un futuro fatto di maggior consapevolezza e capacità rispetto alla vita, due anticorpi indispensabili per vivere meglio, per dare più valore ai nostri giorni; indispensabili per sapere scegliere davvero cosa è meglio per noi non basandoci solo sull’edonismo o al contrario sulla paura, mettendo in pratica oggi quello che abbiamo imparato, magari facendoci male, ieri. In una parola, diventando saggi.