Le vacche sacre in India
Per la maggior parte della popolazione indiana, la vacca è considerata un animale sacro. Nella mitologia indù, l’animale veniva raffigurato come l’accompagnamento di diversi Dei; basti pensare ad esempio Shiva, che cavalca il suo toro Nandi, o Krishna, il Dio pastore.
Negli antichi testi la vacca appare come “Kamdhenu” o vacca divina, colei che soddisfa tutti i desideri.
Le sue corna simboleggiano gli Dei, le sue quattro zampe, le antiche scritture indù o i Veda, e le sue mammelle i quattro obiettivi della vita, tra i quali la ricchezza materiale, il desiderio, la giustizia e la salvezza.
Nella vacca, gli indù ci vedono un simbolo sacro della vita che va protetto e riverito. Le vacche sacre infatti rimandano alla fertilità, all’abbondanza e simboleggiano la generosità della terra.
Un animale generoso
Un animale capace di produrre cinque elementi fondamentali tra i quali il latte, il formaggio, il burro, l’urina e lo sterco.
I primi tre alimenti sono usati nel culto degli dei indù, mentre gli ultimi due elementi possono essere usati nelle cerimonie religiose o bruciati per ottenere carburante.
Addirittura, la prima organizzazione di protezione delle vacche indù risale ad una setta sikh nel Punjab intorno al 1870. Con l’avvento del buddismo e del jainismo, gli indù smisero di mangiare carne.
Nel primo secolo d. C. , le vacche furono associate ai brahmani, cioè coloro che appartenevano alla casta più alta, considerati quasi superuomini. Uccidere una vacca cominciò ad essere paragonato ad uccidere un brahmano.
Anche se non tutti concordano con questa versione.
Diciamo che ancora oggi, assistiamo a numerosi diatribe legate al culto di questi animali.
Così come in passato la difesa della sacralità delle vacche in a href="http://robertomaggio.it/india" target="_self" rel="noreferrer noopener">India è stata la causa di veri e propri conflitti.
Oltre 100 persone morirono nel 1893 dopo rivolte religiose nate da tale pretesto e nel 1966.
Almeno altre otto persone persero la vita in scontri al di fuori del parlamento di Delhi mentre chiedevano un divieto nazionale per il massacro delle vacche.
Religious convictions, today, have convinced politicians to pass increasingly stringent laws on the consumption and treatment of cows. Thus, multiple livestock protection groups have emerged.
La legge sulle vacche sacre
Così, dopo l’applicazione di una normativa sulla prevenzione della crudeltà nei confronti degli animali nel 2017, la vendita di bovini ai macelli per uso come carne o cuoio è diventata molto difficile.
La legge ha anche avuto gravi ripercussioni su quelle comunità che invece vivevano del consumo di carne bovina, comprese le caste inferiori indù, per le quali la carne è una fonte importante di cibo ed economica.
Per ovviare a tutti questi problemi, alcuni partiti nazionalisti hanno pensato di introdurre una “tassa sul benessere delle vacche” da devolvere alla costruzione di rifugi ad hoc.
L’idea è finanziare questi alloggi per le vacche attraverso una serie di tasse imposte su beni come alcol, pedaggi governativi e organizzazioni rurali e agricole.
Come gli indiani proteggono le acche
Inoltre, si è pensato di etichettare le vacche randagie con etichette RFID, per poterle riconoscere facilmente.
Interessante e curioso come in India viene rappresentato questo animale.
Ovvero, con occhi grandi, calma, con la pelle opaca tinta in una tavolozza che va dal bianco sporco al grigio attraverso beige e marrone, con una silhouette pittorica. Tutti aspetti che la rendono la più evoluta degli animali.
Anche se le vacche in India sono, in realtà, degli zebù con la caratteristica gobba che porta sul dorso appena dietro al collo.
Nonostante ciò, negli ultimi decenni sono state fatte arrivare delle mucche europee perché garantivano una produzione di latte maggiore, ma la maggior parte di loro sono zebù con la caratteristica gobba, la giogaia, le grandi orecchie e spesso con le corna.
Quello delle vacche sacre, personalmente, è uno degli aspetti più evidenti e caratteristici dell’India che più mi ha fatto riflettere nei primi giorni di permanenza in questo incredibile Paese (e già la definizione di Paese parlando dell’India è troppo limitativa, si farebbe meglio a parlare di Continente Indiano).
Era un aspetto che, come un po’ tutti, conoscevo già prima di arrivarci e che, non vi nascondo mi faceva sempre un po’ sorridere.
Coabitazione uomo vacche
Quando però ho visto da vicino il modo in cui, incredibilmente, questi grossi animali riescono a sopravvivere dentro all’indescrivibile confusione urbana di qualsiasi città indiana, sono riuscito ad andare oltre i miei preconcetti e ho così percepito, al di là della profonda religiosità, qual è la cifra del rispetto che, per tramite della “vacca sacra”, gli indiani moderni nutrono più in generale verso la Natura.
Quella Natura che d’altronde proprio sul suolo indiano da micidiali manifestazioni di se come flora e come fauna.
Un rispetto da cui, credo, abbiamo da imparare molto. Da noi esiste quel famoso modo di dire per cui “non bisogna tagliare il ramo su cui si è seduti”; penso quindi che anche noi “occidentali”, che amiamo così tanto definirci come “il lato evoluto del Pianeta” dovremmo imparare a trovare nei nostri habitat “la nostra vacca sacra”, che forse non sarà un animale vero e proprio quanto piuttosto un bosco, un lago un fiume.
Sarà quello, nemmeno troppo virtualmente, il ramo su cui siamo seduti e che, con tutte le nostre forze, dovremmo cercare di mantenere attaccato a quell’albero, la Terra, che da ogni alba ad ogni tramonto, ad ogni suo giro, ci dà la vita.