Essere o apparire

I social network hanno tradito la loro missione iniziale. Non è qualcosa che si sta inventando oggi Roberto Maggio, ma è una deduzione a cui sono arrivati “fior di studiosi” ben più preparati di me, ma convergenti con me rispetto al risultato finale: i social hanno tradito, hanno deluso. Nati come sistema di comunicazione di massa, in grado di avvicinare e riavvicinare persone da una parte all’altra del mondo, sono finiti per essere una estensione delle vecchie tv commerciali, con il core business basato sulla vendita, sulla pubblicità, sulla finzione. Mai, come all’epoca dei social, le definizioni di essere e apparire si sono così tanto allontanate tra di loro. L’esempio tipico che si riporta sempre in questi casi è quello della “bella ragazza” (ma potrei dire la stessa cosa per i miei colleghi maschietti) che quando la vedi sui social sembra Sharon Stone dei momenti migliori, poi magari la incontri dal vivo ed è la versione stropicciata di se stessa. Quella appena tuttavia, è solo una delle accezioni forse più banali e banalizzata secondo cui si evince la differenza tra quello che c’è sui social e quello che c’è la realtà. La famosa differenza tra essere e apparire infatti, si manifesta nei tempi moderni attraverso una profondissima cancellazione dell’essere a favore dell’apparire. Conosco persone, ma sarà capitato sicuramente anche a voi, che a furia di lavorare h24, 7 giorni su 7 sul loro modo di apparire sui social hanno finito ad un certo punto per “non essere più nulla” nella vita reale; prive di personalità, prive di sentimenti, prive di obiettivi che andassero un minimo oltre il prossimo post su Instagram. Come ci siamo arrivati? Ci ho pensato a lungo e credo di essere arrivato a definire tre motivi principali per cui l’apparenza sui social ha giocato sempre più a danno di quello che siamo nella realtà. Tre motivi che vi vado elencare di seguito.


Il bisogno di approvazione

Il primo dei grandi mali nell’uso e nell’ab-uso dei social network nasce dal bisogno di approvazione. È un bisogno che l’uomo ha sempre avuto. Solo che prima ci bastava averlo da quelle 30 o 40 persone che definivano la cerchia delle nostre conoscenze; oggi con i social, tra amici e follower, la platea si è estesa ma è rimasto il suddetto bisogno di sentirsi approvati. Un bisogno che ci spinge ad essere sempre in bella vista strepitosi e felici (meglio ancora se ricchi) in ogni scatto fotografico che poi finisce online. Magari con famiglia felice a seguito che non guasta mai anche quando poi magari, a casa, non ci si rivolge nemmeno più la parola. L’importante, l’unico motivo per campare a dirla tutta, è acchiappare quel like in più in grado di farci sentire approvati, popolari, anche quando siamo dei perfetti signor nessuno. Nasce di qui quella che io chiamo la fiera dei narcisi, con la spasmodica attenzione all’aspetto estetico, all’esibizione, da cui nascono a loro volta di contraltare fenomeni patologici di non accettazione del proprio aspetto assolutamente pericolosi come l’anoressia, la bulimia etc. Pericoli spariti, chissà perché, dalla discussione pubblica ai tempi dei social, ma che riempiono gli studi di psicologi e psichiatri.

Apparire per vendere

La seconda grande schiera di “apparitori” dei social è quella dei venditori, nel grande e nel piccolo. In questo caso si va un gradino su rispetto al bisogno di approvazione perché il vero obiettivo finale non è quello di farsi riconoscere come vincenti ma di “apparire” come dei guru in grado di insegnarci a diventare altrettanto vincenti. In parole molto semplici lo schema secondo cui si articola questo comportamento truffaldino è molto chiaro: sono una persona senza ne arte ne parte ma ho una certa capacità comunicativa. Inizio a pubblicare su Instagram e Facebook contenuti in cui mi circondo di vestiti, automobili e situazioni varie all’insegna del lusso. Faccio quindi venire la curiosità in chi mi segue che si chiederà: come è diventato ricco questo? Divento per “i poveri sfigati” che compongono il 99.99% della popolazione mondiale, un esempio, un qualcosa che gli altri vogliono diventare. A quel punto gli vendo, nel vero senso della parola, sotto corsi, libri o consulenze i classici “segreti del successo” (alias fregature), un “how to” che spiega dalla A alla Z ad altri senza ne arte ne parte come me, come diventare ricchi e famosi. Un successo assicurato… fake!

Riempire un vuoto

C’è un ultimo motivo che spinge molte persone ad apparire sui social network ed è la necessità di riempire un vuoto. Si tratta di una schiera di pubblico diversa quelle citate nei paragrafi precedenti, perché solitamente non sono appariscenti ne tantomeno belli. Si mostrano su internet “apparentemente” (e non a caso uso le virgolette) per quello che sono. Li vedi però che postano sui social temi assolutamente personali, spesso piagnucolosi nella sola speranza di attrarre compatimento e compassione da chi ha la ventura di finire sui loro profili. “Non trovo lavoro”, “Sono solo al mondo”, “Mi è morto… il gatto”. Si nutrono di questo. Vedi le loro storie sui social e quasi ti senti fortunato rispetto a loro. Ma è proprio lì il trucco perché loro non cercano altro che il tuo compatimento. È un qualcosa che nasce da un profondo vuoto interiore che può essere sinonimo di solitudine o di incapacità a comunicare. Cercano e qualche volta trovano compagnia sui social. Ma non vanno mai troppo lontano. Se sei solo nella vita reale sta sicuro che non riempirai la tua vita attraverso i social. Potrai infatti avere 4999 amici su Facebook ed 1 M di follower su Instagram ma non sarà questo a colmare quello che ti manca. potrai magari rimediare qualcuno con cui chattare e fingere amicizia, qualche relazione fugace con cui sentirsi fighi e accettati per un quarto d’ora, ma se ti circondi sempre e solo di relazioni social gonfierai la tua pancia solo di apparenza… E l’apparenza è solo aria, ti gonfia ma non ti sfama, ti riempie ma non ti disseta.