Parigi
G.K Chesterson diceva: “Londra è un enigma. Parigi è la spiegazione”. Ed in effetti il mio ultimo viaggio a Parigi, lo devo ammettere, è stato molto illuminante. Premetto che non era la prima volta che soggiornavo nella capitale francese; a dire il vero non saprei più nemmeno contare le volte che ci sono stato. Ma questa volta è stato diverso. In primis perché, a differenza magari di altre volte, andare a Parigi è stata quasi un’esigenza. Non ci sono infatti andato con l’obiettivo specifico di visitare qualcosa, anche perché come detto, l’ho visitata praticamente tutta. Questa volta l’unico vero obiettivo era esserci. Sì, perché, prima illuminazione, quello che ho capito di Parigi è che questa città è come una bella donna che, a differenza di tutte le altre, non invecchia col tempo, e mentre sulle altre gli anni aggiungono rughe, a Parigi le aggiungono fascino. Una bella donna sempre pronta ad accoglierti, seducendoti con la sua sensualità. Non le si può resistere e non esiste uomo (ma in questo caso possiamo dire che non esiste neanche una donna) che sia in grado di resistere al suo fascino. Se sentite qualcuno che dice di essere stato a Parigi e di non averla apprezzata, beh, diffidate di quel che dice, non c’è da crederci.
illuminazioni
Parigi strega tutti quella che la visitano sin dal momento in cui, in taxi, ci si allontana dall’aeroporto avvicinandosi verso il centro, e si iniziano a vedere i suoi tipici palazzi tutti uguali, tutti chiari con i tetti a spiovente grigio scuro. Lì arriva la seconda illuminazione: Parigi non è diventata Parigi per caso. Pensate: su una superficie grande quanto tutta Milano i parigini sono riusciti a costruire palazzi tutti identici tra loro, o molto simili, per caratteristiche di costruzione e cromatiche. Nasce così quell’omogeneità urbanistica che credo si un unicum a livello mondiale. Ed attenzione perché l’uniformità urbanistica di Parigi non sfocia nel risultato finale della monotonia ma dell’eleganza. Illuminante. La terza illuminazione che ho avuto in questo mio (ennesimo) soggiorno a Parigi è che qui bisogna venirci con la persona giusta. Se pensate di poter apprezzare a pieno ed in solitudine le passeggiate lungo la Senna o le luci che a sera illuminano la torre Eiffel siete fuori strada; potrete magari apprezzarne il paesaggio ma non ne sareste catturati. Lo stesso dicasi se visitate Parigi con un gruppo di amici: sarà divertente ma non coinvolgente. Parigi merita di essere visitata con al vostro fianco una persona speciale. Non per forza quella della vita, ma quella che in quel momento è la vostra vita. Da questo triangolo (voi, lei/lui e Parigi) si sprigiona infatti, come fosse un talismano incantato, quella magia che rende indimenticabile il vostro soggiorno nella Capitale francese, quella magia che, una volta tornati a casa, vi farà parlare di Parigi con aria sognante. “Ah Parigi…”.
Ancora
C’è poi ultima cosa, quarta illuminazione, che ho capito durante questa vacanza di inizio giugno a Parigi e che cioè quando siete in questa città ognuno dovrebbe ritagliarsi del tempo, che sia un giorno intero o una sola sera, per mettere da parte guide turistiche, visite guidate e programmi cervellotici, per farsi semplicemente trasportare dalla città, come se fossimo una barchetta di carta lasciata andare sulla Senna. È un’esperienza che consiglio a tutti e che io, visto il meteo torrido di questo inizio estate 2022, ho pensato di relegare ad un dopocena. Come fare? È molto semplice. Andate nel centro della città, un buon punto di partenza potrebbe essere la lunga camminata degli Champs Elysees e lasciatevi trasportare senza programmare. Un po’ seguirete la folla, un po’ sarà una vostra inconscia curiosità interiore a condurvi, magari nei luoghi simbolo della città, o piuttosto in qualche locale in un vicolo secondario. Non pensateci troppo e lasciate fare a Parigi (e qui ritorna il paragone con la bella donna di cui sopra). Arriverete così magari a ritrovarvi alle prime luci dell’alba stanchi ma appagati, ù ubriachi per qualche bicchiere di vino di troppo bevuto, ma non sbronzi. Ma soprattutto, sarete pieni e avvertirete quella sensazione che ho provato io questa volta, di avere davvero vissuto a pieno questa città. Una città che, per essere compresa, non può essere immaginata come una sequenza di luoghi da vedere, ma da “vivere”. Il segreto è tutto lì, se visitate Montmartre ma non vi sforzate di vivere lo stile bohemienne che ancora fortemente caratterizza questo quartiere artistico allora non lo avrete capito sino in fondo, forse lo avrete solo visto e avrete scattato qualche foto con vista sul panorama sottostante. Se guardando luoghi come la stessa torre Eiffel, o il Louvre, o Place de la Concorde non riuscite a percepire il senso ultimo della “grandeur francese”, ovvero il tentativo di dare eternità ad un Paese fiero delle sue origini, allora rischierete di scambiare il sentimento nazionale tipico dei francesi per megalomania.
Finale
Jules Renard diceva: “Aggiungi due lettere a Paris, ed è il paradis”. Ora, non so se addirittura possiamo avvicinare Parigi all’idea di paradiso, qualsiasi essa sia (io per primo, vi dirò, non e ho una precisa). Però una cosa ve la posso assicurare, e forse questa è la quinta illuminazione. Se Dio esiste ed avesse voglia di regalarsi un weekend di vacanza dai casini del mondo, beh, molto probabilmente si regalerebbe un weekend qui a Parigi in qualche stanza di hotel con vista sulla città. Me lo vedo già mentre guarda stupito il panorama fuori dalla finestra con una coppa di champagne in mano e, confuso, si chiede se davvero tanta bellezza possa essere opera dell’uomo o sia invece opera sua.