SQUID GAME

45,6 miliardi di won, ovvero circa 33 milioni di euro. È questo il montepremi di Squid Game, serie tv del momento, portata al successo da Netflix, e capace di raccogliere oltre 130 milioni di visualizzazioni in tutto il mondo in meno di un mese.

Un montepremi virtuale ovviamente, a cui ambiscono gli sfortunati protagonisti di questa serie. Squattrinati sud coreani che trovano un’occasione di rivalsa alle loro vite di stenti e fallimenti in un gioco di sopravvivenza, che attraverso varie prove, sempre più complesse, mira ad eliminare uno dopo l’altro tutti i concorrenti finché non ne rimarrà solo uno, il vincitore.

Tutto questo in soli 9 episodi, pochi, ma davvero capaci di inchiodare al divano il pubblico di mezzo mondo facendo di Squid Game le serie culto del momento.

L'HO VISTA ANCHE IO

Anche io, da quello che avrete intuito, non ho fatto eccezione e, telecomando alla mano mi sono seguito le varie puntate rimanendone via via maggiormente colpito e intrigato fino alla risoluzione finale che non è certo mia intenzione spoilerare qui.

Ma come già fatto in precedenza con il mio post dedicato alla “Regina degli scacchi” anche questa volta non voglio utilizzare questo mio blog per recensioni cinematografiche che non mi interessano e per le quali non sento di avere gli skills giusti.

Quello che mi interessa qui commentare insieme a voi è la fotografia che, ancora una volta, insieme alla trama ed all’innegabile bravura del cast, si sta rivelando come la chiave di volta dei successi Netflix.

Considerate ad esempio questa foto.

È una immagine di una drammaticità imponente. Mostra alcune guardie (deputate al ruolo di controllori del gioco) schierate all’interno del loro centro di comando. Non c’è luce naturale in questa foto ma solo quella di alcuni ansiogeni neon sul soffitto che vanno poi ad illuminare le altrettanto ansiogene facce delle guardie.

Sono facce particolari, coperte in realtà da una maschera che segna un aborto mentale in quanto andando a nascondere il viso chiude la possibilità ad instaurare un qualsiasi rapporto empatico tra guardie e concorrenti.

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CHE ANSIA!

Anche nelle scene all’aperto come quella che vedete qui sotto viene sempre rimarcata quel senso di drammaticità del momento, che non lascia scampo a nessun senso di ottimismo ne di interpretazione in chiave completamente ludica di quello che sta avvenendo.

Perché di ludico in effetti non c’è nulla. Squid Game è un gioco di morte. Un gioco in cui più gente muore più aumenta il montepremi. Un meccanismo perverso che fa sì che ogni concorrente morto viene visto non solo come un avversario in meno da combattere ma anche come un ulteriore arricchimento del montepremi finale.

E poi ci sono i richiami alle immagini della infanzia.

Non è un richiamo gioco però. Ricordano piuttosto scene come quelle di film horror come “La bambola assassina” o “Chucky”, film in cui oggetti dell’infanzia diventano stumenti di morte. Proprio come in Squid Game.