La differenza tra amare e voler bene
“«Ti amo» – disse il Piccolo Principe.
«Anche io ti voglio bene» – rispose la rosa.
«Ma non è la stessa cosa» – rispose lui. – «Voler bene significa prendere possesso di qualcosa, di qualcuno. Significa cercare negli altri ciò che riempie le aspettative personali di affetto, di compagnia. Voler bene significa rendere nostro ciò che non ci appartiene, desiderare qualcosa per completarci, perché sentiamo che ci manca qualcosa».”
Già dai tempi di Antoine de Saint-Exupéry, indimenticato autore de “Il Piccolo Principe” siamo tutti lì a interrogarci sulle differenze tra “amare” e “voler bene”, o, volendo cambiare leggermente i termini, tra “l’amare” e “l’affetto”. Ci sono molte tesi a riguardo. Stando ad esempio a quanto Antoine de Saint-Exupéry fa dire al suo Principe, l’affetto ha una sorta di valenza “egoistica”. Detto brutalmente “ti voglio bene” perché dal tuo affetto riesco a trarre qualcosa che non ho. C’è invece chi dice il contrario. Ovvero che mentre l’amare (o l’amore) ha sempre un valenza di tipo sessuale, e quindi ha una matrice fisica, e quindi interessata, l’affetto no, è il fratello minore dell’amore, e si applica a tutti i rapporti, ad esempio quelli di amicizia o quelli tra famigliari, rapporti in cui, per l’appunto l’affetto, non è legato ad uno scambio fisico-sessuale tra le parti, ma si regge sulla spontaneità delle stesse. Il mio punto di vista sul tema è più vicino a quello Antoine de Saint-Exupéry, ma coglie anche alcuni aspetti della seconda tesi. Io penso che l’amore abbia diverse “versioni”. C’è una versione originale, e quindi per sua stessa natura totalizzante, che è quella che si riesce a provare nella vita solo per pochissime persone. Facilmente la si prova per i propri figli, qualche volta, ad essere fortunati, per un/una partner. L’amare è la radice di tutto, o, un po’ come diceva Aristotele (che però in quel caso parlava di Dio) il tutto verso cui tutto tende. Quando io dico “ti amo” ad una persona allora sto esprimendo un sentimento primordiale che, come detto, è totalizzante, e spesso lo è nel senso più devastante del termine. Nel momento in cui si dice “ti amo” (ovviamente questo vale solo se lo si pensa realmente, e non a chiacchiere), io non sto solo dichiarando all’altra parte un sentimento, mi sto letteralmente “annullando”. È come se da quel momento in poi l’altra parte diventasse il nostro tutto, la nostra ragione di vita, il respiro ed il battito. E non è roba da poco.
Senza limiti
Non esistono limiti, non esistono misure, e non esiste contraccambio soprattutto: da qui il senso di devastazione di cui parlavo prima. “Io ti amo” e non lo faccio perché mi aspetto questo o quello da te. Lo faccio semplicemente perché non ne posso fare a meno, perché è la cosa che mi viene più naturale. Lo faccio quasi senza pensarci, come il respirare o il battito del cuore prima menzionati. E quando dico ti voglio bene? Beh, a dire il vero anche nel momento in cui sto affermando una qualche forma di affetto verso qualcuno questo non implica (ma parlo per me) che mi aspetta in cambio qualcosa dall’altro. Ma il “ti voglio bene”, a voler usare una metafora, è dal mio punto di vista un “ti amo di seconda mano”. Non per questo è qualcosa da scartare, ne, per tale motivo, dire “ti voglio bene” è una frase da buttar via così, semplicemente perché non si sa cosa dire. Anch’essa ha una valenza interpersonale importante, anch’essa rappresenta un modo di dichiararsi agli altri, ma ha una intensità decisamente minore rispetto al ti amo prima menzionato. Il “ti voglio bene” ha dei limiti. Magari non prevede forzatamente un contraccambio ma subdolamente se lo aspetta, anche se non è dichiarato. Diciamo che, dal mio punto di vista, il “ti voglio bene”, è un “ti amo” privato della sua illimitatezza. Sembra poco ed invece è tanto. Ecco perché, credo fermamente, che nei rapporti di coppia, non ci si debba mai accontentare del “ti voglio bene” ma si debba, per tutta la vita, cercare il modo di trovare dall’altra parte la persona a cui poter dire, “ti amo”, senza limiti, anche se questo potrà farci male. Poi se siamo ultra fortunati può capitarci che anche l’altra persona ami noi nella stessa maniera: ma sono casi rarissimi, diciamocelo chiaro.
Una rara qualità
La capacità di donarsi a qualcuno totalmente, infatti, è una qualità rara da trovare nelle persone, tanto più in un mondo come quello odierno dove i rapporti vengono velocemente inquinati dall’egoismo personale. E l’egoismo è la criptonite dell’amare. Nel momento stesso in cui si manifesta anche una minima punta di egoismo l’amare totalizzante di cui abbiamo parlato sin qui scompare, si dilegua, si prosciuga. Ed è questo il motivo per cui spesso ci troviamo a decidere tra l’avere rispetto per noi stessi e l’amare; proprio perché tante volte le due cose non coincidono affatto! E non esiste manuale per poter rispondere a questo dubbio: “amo in maniera totale qualcuno, o pongo dei paletti per rispetto di me stesso?”. Ahimè non c’è una risposta corretta a questa domanda. Di fronte a questo bivio l’unica bussola che regge è quella del cuore. Non è sempre una bussola che ci porta nella direzione giusta. Anzi spesso ci fa dare delle grandi craniate. Ma è l’unica bussola verso la felicità su cui possiamo contare. Imperfetta ma a suo modo unica.