Ho deciso di rinunciare alla normalità quando ho capito che non faceva per me. C’è un’infinità di gente, soprattutto tra i più deboli, che ha un disperato bisogno di sentirsi normale perché questo è un passaggio indispensabile verso un secondo passaggio, l’integrazione. Un tempo sis parlava di imborghesimento, oggi i la può chiamare omologazione: una comfort zone sociale non a numero chiuso da cui cerco, finché mi riesce, di stare alla larga. Senza rimpianti. Ho deciso di rinunciare ad essere normale nel momento esatto in cui mi sono dato come obiettivo primario delle mie giornate, la felicità mia e delle persone a cui tengo. La normalità, statene certi, non è un viatico verso una vita felice ed appagante. Lo è invece verso esistenze di plastica la cui unica vera cifra è quella dell’apparenza. La ricerca della vera felicità richiede il coraggio di calcare percorsi che il grosso delle persone non percorre, ragionare e camminare fuori dagli schemi.

Ho deciso di rinunciare a definirmi normale il giorno in cui mi sono stancato di definirmi, di darmi etichette. Che siano esse basate sulla nazionalità, sulle inclinazioni sessuali e culturali, sul reddito o sul lavoro… credetemi non mi interessa. Che io mi presenti ad un Presidente della Repubblica o all’ambulante che vende rose per strada, il mio spunto verso di loro sarà sempre lo stesso, avvicinargli la mano e dire: “Piacere, Roberto”. Perché questa è l’unica etichetta che sento di darmi. Piaccia o non piaccia a chi da fuori mi giudica. Non ho bisogno delle loro patenti, ma di giorni, rapporti e abbracci vissuti, respirati sino in fondo. A modo mio ovviamente.

Ho deciso che non sarei mai potuto essere una persona normale quando, diversi anni fa, ho deciso che non avrei voluto vivere una vita normale. E sapete, quando fate vostra questa scelta dovete mettere in conto tante cose: sì perché questo coraggio vi porterà in “posti e relazioni” che mai avreste nemmeno lontanamente immaginato da giovani, ma vi esporrà inevitabilmente anche al giudizio degli altri, dei “normali”. Giudizio a cui, col tempo, imparerete a rispondere con un sonoro quanto taumaturgico “e sti cazzi”. Occhio, servono spalle forti.

Ho deciso di rinunciare alla normalità quando ho capito che questa normalità non sarebbe stata per me un “benefit”, in grado di migliorare la mie giornate, quanto un peso che avrebbe rallentato il mio correre naturale. Decidere di rimanere nell’ambito della normalità significa infatti farsi carico di un importante carico di aspettative e giudizi in grado di rallentare anche i guizzi più spregiudicati. Non fa per me. Senza invidia per chi invece sceglie di farlo. Ho lasciato perdere la normalità, ed è un po’ di tempo che l’ho fatto. E se ci ripenso, guardandomi indietro e ripensando a come vivevo prima, beh mi sembra di aver fatto una delle scelte più sagge della mia vita. Ho smesso di essere normale e invito anche te, anche tu lettore o lettrice che hai avuto la pazienza di leggere sin qui questo mio post a fare altrettanto. Abbandonando la normalità scoprirai come parole di uso comune finiscono per assumere significati nuovi. Ciò che prima era “giudizio” diventa “libertà”, quello che prima chiamavi “rischio” diventa “opportunità”, quello che chiamavi “anormale” ora diventa “reale” Ma sai qual è il vero miracolo? Il vero e inaspettato miracolo è che con le parole cambierà anche il senso dei tuoi pensieri, quindi delle tue parole, quindi della tua intera esistenza.